Immagine aerea da Google Earth, vista sulla frana sopra San Vito di Cadore. Si nota il canalone artificiale e la discesa della colata accanto alla sede della ditta di F.lli De Pra
Immagine aerea da Google Earth, vista sulla frana sopra San Vito di Cadore. Si nota il canalone artificiale e la discesa della colata accanto alla sede della ditta di F.lli De Pra
Immagine aerea da Google Earth, vista sul lago di Auronzo, nel quale si nota l'enorme mole di ghiaia e altri residui depositati che riempiono il bacino idrografico.
Immagine aerea da Google Earth, vista sul lago di Auronzo, nel quale si nota l'enorme mole di ghiaia e altri residui depositati che riempiono il bacino idrografico.
Nel territorio della Valle del Boite, la convivenza tra insediamenti umani e instabilità geomorfologica è una costante storica. Frane, colate fangose e detritiche – in particolare quelle originate dal disfacimento della dolomia dell’Antelao – segnano profondamente il paesaggio e impongono continue strategie di contenimento e gestione. Fenomeni come quelli che interessano le aree di Cancia (Borca di Cadore), San Vito e Acquabona hanno portato alla costruzione di canali artificiali, vasche di contenimento, sbarramenti e sistemi di allerta, per impedire che i detriti raggiungano le abitazioni e le infrastrutture.
La necessità di intervenire tempestivamente dopo ogni evento franoso si scontra spesso con la lentezza burocratica delle amministrazioni che si devono occupare dello smaltimento dei detriti, e dall’altro lato i cambiamenti climatici – con precipitazioni sempre più intense – aggravano la frequenza e l’imprevedibilità delle colate. La gestione del materiale detritico rimane una delle criticità principali: sebbene in passato fosse utilizzato in edilizia, oggi il suo riuso è limitato e spesso viene accumulato in depositi temporanei, sparso in aree dove viene integrato ad erba e altri materiali naturali, oppure depositato in cave minerarie inutilizzate. In alcuni casi virtuosi, come ad Acquabona, è stato impiegato per costruire argini protettivi per le colate, ma nella maggior parte delle situazioni rappresenta un problema irrisolto.
Anche i lavori infrastrutturali legati a Cortina 2026, come il villaggio olimpico “reversibile” di Fiames, generano ulteriori volumi di materiali, creando una continua sovrapposizione tra montagne naturali e montagne artificiali di detriti. Il trasporto e lo stoccaggio di questi materiali comportano impatti ambientali e logistici rilevanti, oltre che diversi costi. Le stesse strutture turistiche e sportive, come alcuni impianti di risalita, sorgono su terreni instabili e richiedono interventi costosi e continui di consolidamento.
Infine, i detriti che sfuggono alle opere di contenimento finiscono nei loro collettori naturali, i fiumi, che però nel caso del Boite è ostacolato da dighe e bacini idroelettrici che vanno tenuti liberi e capaci di stoccaggio per evitare ulteriori problemi sul territorio, e talvolta possono diventare imprescindibili operazioni massicce di sghiaiamento di questi bacini, come nel caso del lago di Auronzo nella vicina Valle d’Ansiei. In quel caso parte di questi materiali è stata destinata alla costruzione del basamento del villaggio olimpico, in un tentativo di sinergia tra necessità ambientali e progetti locali.
Il territorio della Valle del Boite emerge così come un paesaggio in continua trasformazione, dove le masse in movimento – naturali e artificiali – si intrecciano in un equilibrio sempre più fragile. Le frane non sono solo eventi puntuali, ma fenomeni che modellano il vivere quotidiano e che impongono una riflessione critica sul rapporto tra uomo e montagna, ancora di più oggi alla vigilia dell’ennesimo grande evento che modificherà per sempre il paesaggio. ​​​​​​​

Qui si scivola.
Grazie a Emiliano Oddone, Alessandro Pasuto responsabile CNR e IRPI Veneto, e Filippo Dolcini responsabile del cantiere per F.lli De Pra e Dolomiti Calcestruzzi.
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